Capella San Severo


La Cappella Sansevero (o chiesa di Santa Maria della Pietà) è tra i più importanti edifici di culto di Napoli; è situata nelle vicinanze della piazza San Domenico Maggiore, attigua al palazzo di famiglia dei Principi di Sansevero, da questo separata da un vicolo una volta sormontato da un ponte sospeso che consentiva ai membri della famiglia di accedere al luogo di culto direttamente.


STRUTTURA ARCHITETTONICA
La Cappella è costituita da una navata unica (struttura verosimilmente risalente al 1590), rettangolare, cui si accede dal fondo (originariamente i fedeli potevano accedere da quella che oggi ne è la porta laterale, mentre un ponte sospeso collegava la Chiesa all'antistante Palazzo Sansevero). Otto cappelle laterali (quattro per lato) si snodano fino all'altare maggiore mentre al centro dei due lati lunghi, rispettivamente a sinistra e destra entrando, si aprono la porta di cui si è già detto e l'accesso alla cosiddetta "cavea sotterranea".
Tutte le opere, salvo quattro, furono commissionate da Raimondo di Sangro ed a lui si doveva anche la pavimentazione (ottenuta secondo procedimenti rimasti sconosciuti) costituita da un mosaico bianco e nero simboleggiante un labirinto (un frammento del pavimento originale, sostituito agli inizi del '900 si trova oggi addossato al muro della "cavea") di chiaro influsso massonico.
La concezione originaria (come si rileva da un allegato al testamento del Principe) prevedeva che ogni cappella laterale fosse dedicata ad un antenato mentre, in corrispondenza dei pilastri, sarebbero state sepolte le rispettive spose con una statua che ne rappresentasse una specifica virtù. A tale scopo vennero riutilizzate le quattro statue preesistenti relative al I, II e IV Principe di Sansevero, nonché ad Alessandro di Sangro, iniziatore nel 1613 dei lavori di sistemazione dell'edificio. Le altre opere furono commissionate ad autori contemporanei come Francesco CelebranoAntonio CorradiniFrancesco Queirolo e Giuseppe Sanmartino.

Le OPERE
Dall'ingresso, ed in senso orario (la numerazione fa riferimento alla planimetria qui sotto), le statue e le opere principali, sono così identificabili:
  1. Monumento a Cecco de' Sangro, primo principe, Francesco Celebrano;
  2. Monumento a Giovan Francesco Paolo de' Sangro, terzo principe, Antonio Corradini;
  3. Il decoro, Antonio Corradini;
  4. Monumento a Paolo de' Sangro, quarto principe, Bernardino Landini - Giulio Mencaglia;
  5. La liberalità, Francesco Queirolo;
  6. Monumento al Duca Giovan Francesco Paolo "Cecco" de' Sangro, primo principe, Giacomo Lazzari;
  7. Lo zelo della religione, Fortunato Onelli;
  8. Ritratto di Vincenzo de' Sangro, ottavo principe, Carlo Amalfi;
  9. La soavità del giogo maritale, Paolo Persico;
  10. Altare commemorativo di Santa Rosalia, Francesco Queirolo;
  11. La Pudicizia velata, Antonio Corradini;
  12. Monumento ad Alessandro de' Sangro, patriarca di Alessandria, Ignoto del secolo XVII;
  13. Angelo, Paolo Persico;
  14. La Deposizione, Francesco Celebrano e La Pietà (dipinto), Ignoto del secolo XVI;
  15. Angelo, Paolo Persico;
  16. Coretto;
  17. Il Disinganno, Francesco Queirolo;
  18. Altare commemorativo di Sant'Odorisio, Francesco Queirolo;
  19. La Sincerità, Francesco Queirolo;
  20. Monumento a Raimondo de' Sangro, settimo principe, Francesco Maria Russo;
  21. Cavea sotterranea con le macchine anatomiche (esempi di "metallizzazione umana");
  22. Il Dominio di sé stessi, Francesco Celebrano;
  23. Monumento a Paolo de' Sangro, sesto principe, Antonio Corradini;
  24. L'Educazione, Francesco Queirolo;
  25. Monumento a Paolo de' Sangro, secondo principe, Giorgio Marmorano - Giacomo Lazzari;
  26. L'Amor Divino, Ignoto del secolo XVIII;
  27. Monumento a Giovan Francesco de' Sangro, quinto principe, Francesco Celebrano;
  28. Cristo Velato, Giuseppe Sammartino (al centro della navata, ma originariamente destinato ad essere posizionato nella "cavea" sotterranea).



La LEGGENDA!!
Mentre una leggenda vuole che la chiesa sia stata eretta su un preesistente antico tempio dedicato alla dea Iside, un'altra, riportata nel 1623 da Cesare d'Engenio Caracciolo nel suo "Napoli Sacra" ("Napoli sacra di d. Cesare D'Engenio Caracciolo, napolitano. Oue oltre le vere origini, e fundationi di tutte le chiese, monasterij, spedali, & altri luoghi sacri della…", ed. Ottavio Beltrano - 1623), narra che un uomo, ingiustamente arrestato, veniva tradotto verso il carcere quando, transitando lungo il muro della proprietà dei Sansevero si votò alla Santa Vergine. Improvvisamente parte del muro crollò rivelando un dipinto (quello posto nella cappella in cima all'altare maggiore) proprio della Vergine invocata, una "Pietà" che darà poi il nome alla chiesa che, come pochi sanno, è intitolata a "Santa Maria della Pietà". Come spesso accade, la devozione popolare darà la sua versione di tale nome talché la chiesa sarà nota anche come "La Pietatella". Per concludere la leggenda, diremo che la devozione dell'arrestato non fu invano riposta giacché, poco tempo dopo, ne venne riconosciuta l'innocenza. Scarcerato, l'uomo, memore del miracolo, fece restaurare (ma secondo un'altra versione "ridipingere") la Pietà disponendo che al suo cospetto ardesse per sempre una lampada in argento.
Il luogo sacro, come era ovvio, divenne presto meta di pellegrinaggio popolare e conseguente oggetto di invocazioni. Da tale devozione non fu esente il I Principe di Sansevero, Giovan Francesco Paolo di Sangro, che, colpito da grave malattia, alla "Pietatella" si votò ottenendone la guarigione. Nel 1593 su quella minuscola immagine, anche in concomitanza con lavori di ristrutturazione dell'attiguo Palazzo Sansevero, cominciò a nascere una cappella che la preservasse dalle intemperie.
Del 1613 è tuttavia, come si rileva da una lapide marmorea, la dedica di Alessandro di Sansevero (nipote di Giovan Francesco), Patriarca di Alessandria ed Arcivescovo di Benevento, che decise di ampliare la preesistente piccola costruzione per renderla degna di accogliere le spoglie sue e dei suoi discendenti. La Pietatella diventa, così, la cappella gentilizia della famiglia ed i lavori si susseguono, con l'intervento di artisti più o meno noti dell'epoca, fino al 1642 quando, nuovamente, si interrompono per oltre cento anni. I lavori riprenderanno, infatti, solo nel 1744, con il VII Principe di Sansevero, Raimondo di Sangro, per non più interrompersi nel successivo trentennio. Tale sarà l'impegno che il Principe metterà in questo progetto che giungerà ad indebitarsene. Di questa attività è traccia la lapide che oggi campeggia all'esterno, sulla destra del portale laterale della cappella, quella che era però, anticamente, la porta principale:
"O passeggero, chiunque tu sia, cittadino o straniero, entra e adora l'immagine della Pietà Regina già da anni prodigiosa. Tempio gentilizio già sacro alla Vergine e abilmente ampliato nell'anno 1767 da Raimondo de' Sangro Principe di Sansevero stimolato dalla gloria dei suoi antenati, per conservare all'immortalità nei sepolcri le ceneri sue e dei suoi. Guarda scrupolosamente con occhi attenti e contempla ahimè piangendo le ossa degli eroi cariche di meriti. Quando avrai dato opportunamente culto alla Madre di Dio, un contributo all'opera, e ai defunti ciò che è giusto, pensa seriamente anche a te. Va' pure."
I migliori artisti del periodo si alterneranno nella realizzazione di opere irripetibili che, oltre al valore prettamente artistico, sommano in sé quei valori alchemici, morali, massonici e politici che sono il vero e proprio testamento spirituale di Raimondo di Sangro.











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